La GRAFOTERAPIA: una nuova vecchia professione

di Adriana Perris, grafologa diplomata SFdG di Parigi, esperta in grafologia giudiziaria, docente Arigraf, grafoterapeuta

La  “Grafoterapia” più propriamente denominata in Italia “Rieducazione della scrittura”  apre le porte ad una “nuova”, almeno per noi, professione, quella appunto del “rieducatore della scrittura” detto anche “grafoterapeuta”.
Questa attività è nata alla fine della seconda guerra mondiale in Francia, dove due grafologi R.Trillat e H.Masson hanno iniziato ad esercitare al centro Psicologico Claude Bernard. Nel 1960, nel suo primo lavoro, pubblicato alla Presses Universitaires de France, Robert Olivaux,  ha esposto il suo metodo.  Nel 1966 egli ha fondato l’AGRE, prima associazione di Rieducatori della scrittura. Robert Olivaux, amministratore della SFDG, è psicologo dell’Università di Parigi, pedagogista  e grafologo e autore, tra gli altri, di “Pedagogia della scrittura e grafoterapia”, opera nella quale illustra la metodologia da lui improntata per  “guarire la scrittura”.   Dell’AGRE ha preso il posto il GGRE (Groupment des Graphoterapeutes Reeducateurs de l’Ecriture) organismo di formazione senza finalità di lucro che si compone di circa 120 tra soci fondatori, aderenti e associati  prevalentemente francesi e belgi. La formazione dei grafoterapeuti  è  organizzata a Parigi dal COPES (Centro di Apertura Psicologica e Sociale) organismo di formazione continua e di insegnamento per i problemi psicologici e sociali dell’infanzia e dell’adolescenza,  si svolge in due anni per un totale di circa 104 ore ed è destinata agli psicologi, agli psicomotricisti, agli ortofonisti ed ai grafologi della SFdG.

Grazie alla Cattedra Moretti  dell’’Università di Urbino e ai professori Pacifico Cristofanelli e Silvio Lena, nonché all’Agif che hanno organizzato in passato corsi specifici di formazione, ed ora anche all’ARIGRAF  presso la quale attualmente si sta svolgendo, in collaborazione con l’ANGRIS (Associazione Nazionale Grafologi Rieducatori della Scrittura), con grande  successo, un corso  della durata di un anno per un totale di circa 130 ore, questa professione si sta diffondendo anche in Italia dove fino al 2000 era praticamente sconosciuta (noti erano soltanto  i servizi dell’Istituto Psico-medico-pedagogico Centro Method di Perignano diretto da Monica Pratelli dove la rieducazione è effettuata  con specifico metodo da una equipe specializzata). L’esistenza di una tecnica per la rieducazione della scrittura è argomento stimolante soprattutto considerando il vuoto che si registra in Italia a questo proposito: infatti le disgrafie sono generalmente ignorate o sottovalutate e i ragazzi disgrafici sono spesso ritenuti svogliati da insegnanti e genitori. Ma che cos’è la disgrafia? Una difficoltà grafomotoria che si presenta in assenza di deficit neurologici o intellettivi. In pratica c’è disgrafia, secondo Olivaux, quando la scrittura viene colpita in una delle sue funzioni di elaborazione e comunicazione del pensiero nonché di rappresentazione della personalità senza che un deficit neurologico o intellettivo giustifichi questa alterazione. Si parla perciò di disgrafia quando la scrittura è troppo lenta, faticosa o dolorosa,  poco o affatto leggibile oppure se il suo livello non è conforme all’età o quando lo scrivente non si sente sufficientemente rappresentato dalla sua grafia. E quali sono gli  scopi della rieducazione? Scopo della rieducazione è innanzitutto scoprire il potenziale positivo del soggetto e lavorare su questo per  ripristinare le funzioni malate della scrittura e quindi  migliorare la postura, la tenuta dello strumento, ottenere la padronanza del gesto e della sua tonicità ; in finale  arrivare a trovare il piacere di scrivere  e, tramite il rapporto con il grafologo rieducatore, acquistare fiducia il che si traduce in rapporti più sereni e risultati scolastici migliori. La rieducazione in sintesi è un processo creativo e individualizzato volto a stabilire o ristabilire i presupposti essenziali per un corretto sviluppo del gesto grafico che si raggiunge attraverso interventi sulla postura, sulla tenuta dello strumento, sulla motricità generale e fine, sulla tonicità, attraverso esercizi e tecniche di respirazione, rilassamento,organizzazione spaziale e temporale, prescrittura e pittura utilizzando in particolare i metodi  di Olivaux , di de Ajuriaguerra e della presidente del GGRE Sophie Lombard. Qualcuno può chiedersi se l’utilizzo del computer non sarà in grado in un prossimo futuro di sostituire la scrittura a mano (e sollevare perplessità sulla diffusione della professione di rieducatore) ma questa rimane il modo più semplice di comunicazione scritta nell’uso quotidiano oltre all’importanza giuridica che comunque riveste la firma come assunzione di impegni e responsabilità.  Inoltre ricerche in campo bioneurologico affermano che l’atto grafico attiva gradualmente capacità cognitive, motorie e linguistiche, abbia cioè benefici sullo sviluppo cerebrale del bambino. Secondo Chomsky, poi,  la conquista della scrittura avviene attraverso un notevole lavoro di concettualizzazione basato sulla progressiva formulazione di ipotesi sul funzionamento della scrittura, il bambino cioè procede per prove ed errori secondo tappe evolutive individuali. Vale  inoltre la pena considerare l’abbandono della scrittura come perdita di un patrimonio umano e culturale al pari o peggio ancora  dell’abbandono dello studio dei classici. Purtroppo manca una scienza dell’educazione della scrittura che tenga conto della stessa neurofisiologia del gesto grafico e tale carenza è particolarmente evidente in Italia dove costituisce una lacuna anche a livello di programmi ministeriali.  In particolare nei nuovi programmi delle scuole elementari del 1985 non si prende affatto in considerazione né l’aspetto manuale dell’apprendimento della scrittura né l’acquisizione di una grafia che sia un mezzo chiaro ed efficace per la comunicazione. In tali programmi si esaltano lo sviluppo educativo, socio affettivo e cognitivo linguistico ma non si valorizza un metodo per acquisire una alfabetizzazione chiara, ordinata e leggibile e quindi rispettosa mentre è evidente che per esprimersi e comunicare per iscritto è indispensabile una grafia funzionale e occorre bilanciare il rispetto delle regole con il rispetto della spontaneità, l’attenzione al contenuto con la cura formale.
La scrittura non deve essere inutilmente ornata ed estetica ma semplice e funzionale e questo non si ottiene certo incoraggiando il “fa come vuoi”  ignorando le difficoltà dell’alunno ma soddisfacendo i suoi  bisogni reali grazie alle ricerche sulla rieducazione compiute dalla De Gobineau, da De Ajuriaguerra, Auzias e Olivaux in Francia e da Richardson e Sassoonin in Gran Bretagna. In Francia fin dagli anni ’70  i programmi ministeriali prevedono livelli minimi da raggiungere ; nei “Programmes et Instructions Officielles “ dell’85 si afferma che la scrittura deve essere oggetto di attenzione costante da parte del maestro per la padronanza,  la riproduzione,  il collegamento e la punteggiatura. Analogamente in Gran Bretagna nelle proposte del “National Curriculum” dell’89 si raccomanda come obiettivo di apprendimento specifico quello della scrittura a mano. In particolare nel ’95 il suo Department for education attribuisce all’apprendimento della scrittura livelli successivi da raggiungere. Manca in Italia una rilevazione statistica ufficiale  sull’incidenza di tale disturbo durante la frequenza scolastica.  Dalle statistiche effettuate dal GGRE di Parigi il 10% degli scolari sono disgrafici e dalla ricerca del professor Silvio Lena del ’99 effettuata su 2.600 scritture di ragazzi/e tra i 6 e i 19 anni è risultato che a 18 anni l’11% degli studenti presenta uno sviluppo grafomotorio inadeguato, ma si arriva per i maschi nelle medie a cifre tra il 26 e il 36%; presumibilmente l’abbassarsi della percentuale a 18 anni può attribuirsi all’abbandono scolastico dopo i 14-16 anni. Primo compito di noi rieducatori oggi, in particolare di noi rieducatori italiani, per ottenere il massimo sviluppo della potenzialità professionale nel campo, mi sembra quello di sensibilizzare gli operatori scolastici alla conoscenza del metodo che dai dati soprattutto provenienti dalla Francia ha ottime possibilità di riuscita tant’è che sia in Francia che in Belgio che in Spagna dove la rieducazione ad opera dei grafologi specializzati è diffusa, questi ultimi ottengono buoni risultati anche  su ragazzi già curati in precedenza con poco successo attraverso tecniche psicoterapeutiche. In Italia la professione è attualmente attuata  per lo più attraverso un lavoro individuale e personalizzato, il che favorisce sicuramente il nutrimento affettivo che è recepito in maniera diretta tramite la relazione che si stabilisce tra rieducatore e rieducando. Ma è ancora poco conosciuta dagli operatori scolastici che possono essere resi consapevoli di questa possibilità da noi stessi rieducatori tramite una capillare informazione. Il risultato porterebbe alla diffusione della metodologia applicabile in ambito privato ma sarebbe anche possibile, con l’autorizzazione delle scuole, attuare interventi  con il gruppo classe, che potrebbero essere non solo di rieducazione, ma anche, se effettuati precocemente, di educazione del gesto grafico. Il lavoro non sarebbe individualizzato ma si gioverebbe dell’apprendimento per imitazione collettiva, della collaborazione e del sostegno reciproci.

Questo tipo di intervento purtroppo è ancora poco attuabile in Italia, penalizzato com’è dalla legge 191 del 30 luglio 2004 che obbliga a contenere e ridurre  le spese per incarichi di studio, ricerca e consulenza esterna.